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buttato dentro il 20 Febbraio 2008 |
alle ore 15:53 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, love, musica, stra-cult |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, beatles, mostra, museo archeologico regionale, musica, rock, saint-benin |
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Duemila dischi, centoventi magliette, quattro casacche originali, quattrocento novantaquattro memorabilia, decine di autografi, quaranta locandine di film. I numeri sono puramente inventati, ma danno l’ordine di grandezza dell’evento. Una mostra con doppia sede espositiva farà impallidire Liverpool nel confronto con Aosta, che per cinque mesi ospiterà a corollario una serie di iniziative musicali, cinematografiche e popolari sui Beatles.
Il più grande gruppo pop-rock della storia ha invaso la città: il museo archeologico percorre tutta la carriera dei quattro (soltano come quartetto e non come solisti) in una ventina di spazi, articolati in maniera varia; il centro Saint-Bénin ospita invece l’angolo cinematografico, con un omaggio ai (brutti) film dei baronetti.
Tutto molto bello, ma anche dopo due mesi, non mi convince… Ummh… Eppure i Beatles li amo, più di ogni altro gruppo. Forse però sono una cosa intima, indipendente dalla grandezza e dal numero di gadget esposti in un museo.
Nell’immagine ©AM, un’installazione di capelli beatlesiani
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buttato dentro il 8 Agosto 2007 |
alle ore 19:53 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio la salle, la salle rock, menabrea, musica, rock |
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Quest’anno, il “Menabrea Jammin’ Festival” c’ha le palle.
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buttato dentro il 21 Luglio 2007 |
alle ore 20:32 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, stra-cult |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, biella, daniele silvestri, federico moccia, finley, giovanni allevi, giovanni paolo ii, giuliano palma, ivrea, john lennon, libra festival, modena city ramblers, musica, novara, paolo conte, paolo rossi, rock, simone cristicchi, sordevolo, tre allegri ragazzi morti, verdena |
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In mezzo al prato indovina cosa c’era… In mezzo al prato indovina cosa c’era…
L’ennesimo concerto in un posto impensabile, per gli standard canonici. Da restare a bocca aperta, per chi non ha mai visto l'”anfiteatro Giovanni Paolo II” di Sordevolo. Perché un festival musicale così piacevole e con artisti di richiamo finisca in provincia di Biella, non si sa. Non che abbia qualcosa contro Biella, anzi. Ma se pensiamo al deserto culturale di Novara, Ivrea, Aosta, Biella spicca in positivo per la capacità di attrarre, di organizzare, di offrire anche ai “vicini di casa” dei concerti sostanziosi.
L’altra sera c’erano i Verdena, altri che hanno avuto la sfiga e la fortuna di nascere in Italia, un nome una garanzia. Bel concerto, tirato, rock.
Ma appunto, la caratterizzazione lascia basiti: un qualsiasi posto di prima collina, senza nessuna differenza da altri millemila posti di prima collina, con un mega anfiteatro all’aperto, un palco degno di un festival oceanico, un angolo con bar “open air” da far invidia a qualsiasi località turistica… A Sordevolo. A Biella. In una zona in crisi industriale. In una zona senza i soldi dell’Autonomie. Continua…
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buttato dentro il 12 Luglio 2007 |
alle ore 11:18 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio musica, radio, rock, virgin radio |
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E’ viva. Evviva! Virgin Radio, solo rock, solo solo rock. Cercate la frequenza su virginradioitalia.it e via…
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buttato dentro il 8 Agosto 2006 |
alle ore 12:49 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, storie di vita vissuta |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio berlino est, cover, green day, la salle, la salle rock, menabrea, muse, musica, rock, smiths, tatu |
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L’arte della cover è una delle più difficili del mondo. Rifare una canzone di successo alla propria maniera, più o meno scancagnata non è mai facile. Eppure provano a farlo tutti, anche con repertori propri alle spalle degni di nota.
Piccola guida alla cover
Per fare una cover di un pezzo famoso, le alternative sono tre:
Caso 1) fare lo stesso pezzo, ma in maniera completamente diversa;
Caso 2) fare lo stesso pezzo alla stessa maniera, ma meglio;
Caso 3) fare lo stesso pezzo in maniera oscena.
Il maggiore livello di difficoltà se lo spartiscono “caso 1″ e caso 2”. Continua…
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buttato dentro il 16 Febbraio 2006 |
alle ore 21:01 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, recensioni |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio coldplay, musica, rock, strokes, white stripes |
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Raramente duplico i miei interventi. Questa volta però questo misfatto merita veramente di essere attuato. First impression of earth degli Strokes è un album davvero fantastico.
Lo avevo sentenziato dopo il primo ascolto e lo ribadisco dopo che il numero degli ascolti ha superato il centinaio, se non i 150. In un mese. Raramente mi capita di ascoltare (per intero) un album così tante volte. Veramente piacevole, vario. Ad ogni ascolto se ne scopre un lato che prima non si era notato. È quasi un disco feticcio, per la ricchezza del libretto, quasi barocco, che dopo le mistificazioni dei Coldplay (che non hanno nemmeno pubblicato i testi) è ritornato quasi un’opera a sé, con dignità stilistica e impaginazione notevole.
Saranno dei coglionazzi, ma ci sanno fare. Hanno trainato il rock and roll, assieme ai White Stripes, ad una nuova rinascita, l’ennesima. E sono riusciti a tirar fuori 14 canzoni con testi non scontati, riff curati e parti vocali meno elementari. Quasi un disco epocale, per questi versi, soprattutto in questi ultimi tempi di sole e poche nicchie eccellenti contro masse tunzettare e scontate.
La canzone più banale è forse Razorblade, ma non se ne vuole più andar via dalla testa. “My feelings are more important then yours / Sweetheart / Your feelings are more important of course”. Ask me anything tronca con la prima parte del disco e con il passato di Room on fire, ma è stata fin troppo mitizzata dalla critica: quando parte decisa Electricityscape il fan storico tira un sospiro di sollievo e può tornare a sentire le amate chitarre di Nick Valensi e Albert J. Hammond. Ogni canzone potrebbe essere lanciata come singolo, nessuna ha la debolezza creativa di eventi precedenti e starebbe bene nelle playlist delle radio più di tanti Chariot o Robbie Williams bolliti.
Fear of sleep ricorda a tratti le coltellate degli italici Afterhours: loro però avevano e mettevano paura del buio. -ize of the world ha il finale che amo di più di un brano musicale. Semplicemente, finisce, senza tirarla per le lunghe. Grazie. Continua…
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buttato dentro il 13 Gennaio 2006 |
alle ore 21:19 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio musica, rock, strokes |
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Freschi, finalmente. Con un sound diverso, una voce curata, strumentisti che suonano nel vero senso del termine. In tre parole, visto che non ho mai saputo fare recensioni musicali, la maturità artistica.
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buttato dentro il 10 Settembre 2005 |
alle ore 20:57 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie domande, musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio musica, rasmus, rock, rockstar |
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Abbiate la decenza di cambiare titolo alla testata, se volete mettere quelli lì in copertina… Perdincibacco…
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buttato dentro il 30 Dicembre 2004 |
alle ore 21:40 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie cultura, giornalismo, musica, recensioni, sport |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio alan clayson, beatles, beppe conti, brian epstein, ciclismo, fab four, gianfranco josti, john lennon, madonna di campiglio, manuela ronchi, marco pantani, marco travaglio, media, musica, peter gomez, pop, regime, rock, silvio berlusconi, the beatles box |
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Mes amis mi hanno regalato per Natale (uno dei pochi regali ricevuti, meglio così) “The Beatles Box“, raccolta di quattro biografie dei Beatles di Alan Clayson, una per ognuno. Dopo una prima lettura di quella di John, un primissimo commento, che molti di voi troverete noioso: senza Brian Epstein i fab sarebbero stati molto meglio ma non li avrebbe conosciuti nessuno. A causa di questo manager puntiglioso, i fab hanno esordito senza essere i ribelli che erano in precedenza, con un batterista che successivamente avrebbe fatto notare i propri limiti (o la sua grandezza?), con un look che li ha resi cool e pop.
In precedenza ho finito di leggere le biografie di “Marco Pantani, Un uomo in fuga” della sua (ex) manager Manuela Ronchi e del giornalista Gianfranco Josti, e “Marco Pantani” di Beppe Conti. Il primo, più personale e meno giornalistico, almeno nella seconda parte, svela la verità (o meglio, una delle verità) sugli ultimi anni di vita del Campione, da Campiglio in poi. La carenza descrittiva della prima parte è colmata dalla seconda biografia, maggiormente giornalistica e curata, che però come rovescio della medaglia ha una velata ipocrisia nel racconto dell’ultima parte e non può avere certo la cura del dettaglio della prima.
Infine, ho iniziato la lettura di “Regime” di Marco Travaglio e Peter Gomez. Tutt’altra lettura rispetto agli altri due libri, presenta una concezione che, con il livello dei media di questo periodo, risulta quantomeno strana.
Ah, il regime di cui si parla è quello attuale italiano, causato dalla concentrazione dei 4 poteri in una persona sola, l’Altissimo. E, seppur con una visione che sarebbe stigmatizzata e censurata dal regime se solo non fosse un libro, descrive pennellate di un’agghiacciante realtà dei nostri tempi.
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buttato dentro il 31 Maggio 2004 |
alle ore 13:23 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, recensioni |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, centro anita, metal, musica, re di maggio, right in sight, rock, urla |
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La serata inizia male: età media inferiore ai 12 anni. E considerando che siamo almeno in 10 ultraventeni la cosa è tragica.
Come tutte le cose iniziate male poi, per fortuna, finiscono bene.
O forse non tutte.
Insomma, a me in questo periodo succede così: le cose iniziano malissimo e finiscono bene.
Il classico lieto fine.
Anche in un concerto metal. Continua…
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